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Alda Merini. I beati anni dell’innocenza

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info

Premio nazionale di drammaturgia “La riviera dei Monologhi”

Alda Merini. I Beati Anni dell’Innocenza nasce da un incontro/intervista che Alda Merini ha concesso ad Antonio Lovascio. Da questa suggestiva esperienza Lovascio ripercorre drammaturgicamente la vita della poetessa partendo dalla dicotomia che ne caratterizzava la personalità. La Merini era capace di creare versi poetici durante una banale conversazione e poco dopo di lamentarsi riguardo alle futili questioni condominiali, come una qualsiasi persona di una certa età. Ciò che emerge dal testo teatrale è proprio la dualità fra il genio e la persona, l’alto e il basso, il tangibile e l’intangibile, l’apollineo e il dionisiaco.
Isabella Carloni restituisce il gesto, l’ironia, l’arguzia, il disincanto e l’incanto di una donna piena di passioni e di fede, capace di trasfigurare anche le peggiori disgrazie e i più grandi dolori in esperienze di grazia e di crescita esistenziale.
Il pittore e artista marchigiano Bruno d’Arcevia firma, con le sue croci e i suoi centauri, le due grandi tele che delineano la scenografia dello spettacolo, creando lo spazio reale e simbolico in cui la figura si muove.

Estratti stampa

Protagonista nel ruolo della Merini l’intensa Isabella Carloni che, giocando su variegati registri e moduli interpretativi, ha saputo rendere con struggente realismo tutte le anime interiori di una personalitá a tratti lucida e a tratti in preda ad una disperante dissociazione mentale che portó la poetessa al ricovero in manicomio……
…. nel monologo di Lovascio siamo in una sorta di contenitore mentale, uno spazio (vuoto) dell’anima in cui Isabella Carloni rende un commovente ritratto di un grande e ancora non del tutto esplorato personaggio della nostra letteratura.
Enrico Bernard – Saltinaria.it
Oakland (California) Luglio 2014


Quest’attrice che si rimette in grembo le quattro figlie di stoffa e subito le espelle dal suo corpo sacrificale, è capace di far toccare la carne della Merini, imprigionando il pubblico dentro le sue camicie di forza per poi far toccare le stelle, che i versi declamati mettono in fila…
Raffaella Venturi – Spettacoli Festival
Carloforte (Sardegna) Agosto 2014


‘I beati anni dell’innocenza’, per la regia di Antonio Lovascio, rappresentano una storia ancora stupefacente e contrassegnata da invenzione, creatività e forme poetiche tra le più alte, che man mano prendono vita nella voce dell’attrice, nell’espressività del suo corpo, nella recitazione libera e aderente alla sofferenza di chi fa poesia, sapendo ben descrivere la sofferenza di tutti gli uomini.
Come fosse la prima volta che vengono a contatto con Alda Merini, gli spettatori apprendono adesso, a teatro, questa nuova espressione di vita e di arte, di quotidiano e di manifestazione letteraria, nella vitalità di un’interpretazione intensa e drammatica, continuamente attraversata dalla leggera ironia del testo, dei testi della Merini, e dalla leggerezza di una consapevole scelta esistenziale, che solo la scrittura può restituire.
Gianna Lai – www.democraziaoggi.it
Cagliari 25 novembre 2013

Scheda spettacolo

Lo spettacolo “Alda Merini. I Beati Anni dell’Innocenza” nasce da un incontro/intervista che Alda Merini ha concesso ad Antonio Lovascio.
Da questa suggestiva esperienza Lovascio ripercorre drammaturgicamente la vita della poetessa partendo dalla dicotomia che ne caratterizzava la personalità.
La Merini era capace di creare versi poetici durante una banale conversazione e poco dopo di lamentarsi riguardo alle futili questioni condominiali, come una qualsiasi persona di una certa età.
Ciò che emerge dal testo teatrale è proprio questa dualità: il genio e la persona, l’alto e il basso, il tangibile e l’intangibile, l’apollineo e il dionisiaco.
L’opera della Merini è vasta e complessa, attraversa il mito, la religione, l’erotismo e soprattutto l’amore. Non a caso era definita la poetessa dell’amore.
L’aspetto della follia è un tema dominante. I dieci anni di manicomio hanno condizionato sia la sua vita che la sua arte ma è fondamentale distinguere la follia dalla creazione artistica con la quale non ha nulla a che vedere se non come tematica affrontata a posteriori.
Nello spettacolo emerge dunque la figura umana di Alda Merini, capace di slanci poetici dall’incredibile bellezza. Compaiono anche due componimenti inediti che la poetessa ha dettato telefonicamente ad una amica in comune con Antonio Lovascio.
I toni dell’opera risultano a tratti grotteschi, come grottesca sapeva e voleva apparire la Merini “diva dissacrante”. Tuttavia, dal tono colloquiale si passa ad un registro più elevato quando emerge la sofferenza come amore e visione mistica del poeta in relazione alla passione di Cristo. Lei stessa parla del tempo trascorso in manicomio come “I beati anni dell’innocenza”.
La brillante interpretazione di Isabella Carloni restituisce il gesto, lo humour, l’arguzia, il disincanto e l’incanto di una donna piena di passioni e di fede, capace di trasfigurare anche le peggiori disgrazie e i più grandi dolori in esperienze di grazia e di crescita esistenziale.
Il pittore e artista marchigiano Bruno d’Arcevia firma, con le sue croci e i suoi centauri, la scenografia dello spettacolo.